PORTI: Cosa Succede Quando si Decide di Unire le Forze?

John GattiBy John Gatti24 Novembre 201713 Minuti

La complessità di un porto di grandi dimensioni è accentuata dalla compartimentazione delle realtà che ci lavorano. È possibile creare sinergia?

Il mondo portuale è molto complesso e articolato. Una miriade di interessi economici coinvolge soggetti differenti che, a loro volta, intrecciano la parte operativa e quella amministrativa con altre organizzazioni, le quali interagiscono con enti pubblici e militari. Realtà dove la sicurezza, l’efficienza, i posti di lavoro e l’economicità, s’incontrano e si scontrano in continuazione, cercando vantaggi e scappatoie lungo sentieri border line, dove spesso galleggia la possibilità di tenere aperta un’azienda o dichiararne il fallimento.
Alla domanda:
“Cos’è che non va nei porti italiani?”
mi verrebbe da rispondere:
Confusione organizzata. Sembra di guardare una mischia durante una partita di rugby…”.
In realtà non è così semplice trovare una risposta. Prima di tutto occorre prendere coscienza del fatto che ogni porto ha caratteristiche che lo differenziano dagli altri. Seguendo la politica e la parte operativa di alcuni di questi, ci si rende conto di come singole forze in gioco – armatori, terminalisti, autorità, politici, ecc. – influenzano in modo differente le regole del gioco, mentre la fluidità del sistema viene fortemente compromessa dalla “responsabilità latente”. Quella cosa fuggevole, non sempre ben identificata, con limiti e interpretazioni volatili e variabili, che salta fuori prepotente – giustamente – quando viene reclamata a gran voce dalla parte lesa.

Non è facile, ripeto, porre delle regole e stabilire procedure che mettano in ordine le competenze, le priorità, la sicurezza, l’efficienza e l’economicità, definendo con chiarezza i limiti e i contorni delle responsabilità.

I porti sono motori dell’economia, dove ogni singolo pezzo ha una professionalità vincolata al lavoro che svolge in sinergia con gli altri.
I tasselli, come in un puzzle, non sono interscambiabili e l’incastro forzato di uno sull’altro genera confusione e pericolo, arrivando a compromettere gli obiettivi che si vogliono raggiungere.
I “tuttologi” sono pericolosi.
Nell’era del web, in pochi secondi, è possibile trovare risposta a quasi tutte le domande: un’arma potente, se usata con criterio. Il problema nasce quando non teniamo conto del fatto che, i risultati così ottenuti, non sono supportati da un’esperienza diretta: se non abbiamo il trascorso necessario a interpretarli correttamente e se tendiamo a non dare la giusta importanza all’autorevolezza dell’informazione, otteniamo un inutile conflitto, pretendendo di porci sullo stesso piano di chi ha costruito il sapere su fondamenta concrete e non sull’inconsistenza del “sentito dire da altri”.
La conoscenza di un determinato settore nasce da un primo anello, a cui se ne collega un secondo e poi un terzo, un quarto, e così via. Raccogliere informazioni frammentarie porta, il più delle volte, a trarre conclusioni apparentemente coerenti, ma sbagliate perché incomplete, o perché non è stato dato il giusto peso ai singoli elementi informativi.

La cultura e la curiosità sono importanti, ma l’umiltà e l’apertura mentale sono decisivi!

L’umiltà permette, non solo di accettare l’esistenza di persone più preparate di noi in un determinato settore, ma di andarle a cercare perché ritenute un valore aggiunto necessario; l’apertura mentale porta ad accettare “l’unione di più cervelli” (concetto che ho già espresso) come un upgrade del nostro potenziale.
È finita l’era in cui dalla figura verticistica si pretendeva l’onnipotenza culturale; quando il sapere universale giustificava la presenza del “padre padrone”; quando avere bisogno degli altri era un punto a sfavore.
Oggi la base è la stessa: cultura generale, decisionismo e autorevolezza, ma affiancati dalla comunicazione, dalla preparazione specifica, dalla capacità di circondarsi di persone positive, propositive, preparate e, soprattutto, dall’umiltà e dall’apertura mentale necessarie ad ascoltare, per fare proprie, le idee degli altri.

Qual’è il perché di questo lungo preambolo?
Entro nello specifico con l’intenzione di valorizzare un percorso che, a mio parere, esemplifica quanto detto finora.

 

YM WONDROUS giardinetto dr
Una Suggestiva immagine della YM WONDROUS

Soggetti in gioco:
Terminalisti: concessionari di spazi portuali che lottano quotidianamente per aggiudicarsi nuove linee di traffico. Per raggiungere lo scopo devono essere concorrenziali e fornire vantaggi ai possibili clienti. A seconda della loro specificità agiscono in diverse direzioni: economicità dello scalo, efficienza nella movimentazione delle merci, limiti degli ormeggi, limiti operativi per cattivo tempo, ecc.
Armatori/Noleggiatori: sicurezza dello scalo, efficienza del terminal, tempi di attesa, costi, ecc.
Autorità di Sistema Portuale (AdSP): è un ente pubblico che gestisce e organizza il proprio ambito portuale. Individua strategie per essere concorrenziale con altri porti, si cura dell’efficienza dello scalo, della manutenzione delle opere portuali, dei dragaggi, del continuo aggiornamento strutturale e tecnologico per restare allineato alle richieste del mercato, ecc.
Autorità Marittima: soggetto estraneo al coinvolgimento economico diretto, svolge una pluralità di funzioni nei diversi ambiti d’impiego. In questo contesto interessa sottolineare il suo ruolo nella gestione del traffico portuale, nel controllo del rispetto delle norme di sicurezza, nelle valutazioni di fattibilità, ecc.
Servizi Tecnico Nautici: i servizi di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio sono servizi di interesse generale, il cui compito è quello di garantire la sicurezza della navigazione e l’ormeggio nei porti. La disciplina e l’organizzazione dei Servizi Tecnico Nautici sono competenza dell’Autorità Marittima.

Il Tavolo Tecnico, che si riunisce per esaminare le previsioni degli accosti e si esplicita nell’incontro quotidiano tra i Servizi Tecnico Nautici e la Sezione Tecnica della Capitaneria di porto, è il risultato di un percorso sfociato nella formalizzazione di procedure applicate da sempre. La necessità di un confronto, per decidere il modo più efficace di operare – osservando la questione da diversi punti di vista determinati dalle diverse professionalità – è sempre stata avvertita.
Prima dell’istituzione del Tavolo Tecnico, il confronto avveniva quando evidentemente necessario: riunioni saltuarie, telefonate, convocazioni, meeting allargati, ecc., erano i mezzi usati per affrontare le questioni operative.

A questo punto devo rimarcare il fatto che ogni porto ha le sue specificità e, quindi, le sue esigenze.

Il Tavolo Tecnico non può essere generalizzato, pena lo scontro ideologico di chi trova, per la propria realtà, esagerato o poco aderente alle necessità, un impegno quotidiano.
Non si tratta di una procedura standard valida per tutti i porti.

Qual’è lo scopo e quali sono i vantaggi legati al “Tavolo”?
A questo punto entra in gioco l’aspetto umano.
Abbiamo detto, infatti, che la pratica era già soddisfatta da una procedura non scritta creata dall’esigenza. Quello che mancava era un ingrediente essenziale alla qualità dei rapporti: la conoscenza diretta e profonda tra i soggetti; la mitigazione, pur nel rispetto dei ruoli, delle barriere professionali che, al di là delle competenze, restringevano il campo visivo dei singoli.
In pratica, è nella natura umana porsi al centro del proprio universo, considerandone il nucleo la parte che più la riguarda; ed è pure nella natura umana esordire con atteggiamenti di sospetto quando gli argomenti trattati si prestano ad essere viziati da possibili interessi personali.
Diffidenza, dubbi, incompetenza, limiti, ecc., sono solo alcuni degli ostacoli risolti approfondendo semplicemente la conoscenza tra le persone.
L’incontro quotidiano, inoltre, ha permesso di affrontare i problemi nella loro fase embrionale, limitando i malintesi e l’aggravarsi delle situazioni.

Nella prima parte ho scritto che i porti sono vittime di una confusione organizzata.
Forse non è la definizione più appropriata. Sarebbe più giusto dire che “i soggetti operanti all’interno dei porti sono scollegati”.
Infatti, osservandoli, è evidente che ognuno lavora con passione perseguendo i propri interessi con forza. Il problema è che, pur stando tutti sulla stessa barca, si rema in direzioni diverse.
Scollegati.

Il rispetto dei ruoli.
Ho parlato del “rispetto dei ruoli”, dell’importanza della “professionalità”, del pericolo dei “tuttologi”, del problema che deriva dallo “scollegamento”. Lasciatemi ora dire che il Tavolo Tecnico è un ulteriore passo nel percorso verso un'”efficienza comune”.
Manca infatti ancora un tassello importante, affinché la barca cominci a prendere una rotta precisa: l’Autorità di Sistema Portuale(AdSP).
All’interno di questo ente esistono individui di grande valore, il cui contributo, purtroppo, viene spesso rallentato dalla melma burocratica e dallo spettro giudiziario che, ormai da troppi anni, volteggia insidioso su chiunque cerchi di sbloccare i problemi.
Beh, il primo passo da compiere è quello individuare un soggetto dell’AdSP che partecipi quotidianamente al Tavolo Tecnico. Un rappresentante dell’ente che si inserisca nel gruppo, assorba e digerisca i pensieri altrui, per poi condividere il suo.
In questo momento, infatti, il punto più scollegato è proprio quello tra la parte operativa gestita dall’Autorità Marittima e quella burocratico-politica controllata dall’Autorità di Sistema Portuale.

Affrontare, e soprattutto condividere, obiettivi, strategie e decisioni, sommando le competenze dei singoli, spiana la strada a procedure efficaci, responsabilità partecipate e soluzioni coerenti agli interessi generali.

Il rispetto dei ruoli è fondamentale, ma tutti i soggetti devono trovare un punto comune per la risoluzione dei problemi, riconoscere l’autorevolezza delle singole professionalità, mettere a disposizione le proprie competenze e trarre profitto da quelle degli altri.

Al Tavolo Tecnico sono presenti l’AM e i Servizi Tecnico Nautici,  dovrebbe aggiungersi l’AdSP e, come già avviene quando ritenuto necessario, allargare le riunioni ai rappresentanti dei terminal, delle agenzie e degli armatori.

Elevare l’interesse individuale a un piano comune, dove la componente umana sovrasti la compartimentazione cronica che limita lo sviluppo.

Nelle complicate economie generali di aziende (da piccole realtà ad immense multinazionali) che hanno interessi all’interno di un porto, l’approdo di una nave alla banchina può essere considerato un “dettaglio”. Questo succede perché, trattandosi di un aspetto particolarmente tecnico, resta estraneo alla mentalità manageriale di chi gestisce un’impresa che si affaccia sul mare ma si sviluppa a terra.
I pescaggi, gli spazi ristretti, il vento, la corrente, le bitte, diventano numeri in un contratto di noleggio, che possono o meno corrispondere alle esigenze di chi compra, vende, si appresta a scambiare merci, navi o persone.
Per quanti siedono attorno al Tavolo Tecnico, sono argomenti che hanno una loro tridimensionalità e vengono valutati sotto i riflettori della sicurezza, dell’efficienza, dell’economicità e della fattibilità. E’ un contesto in cui viene affrontato proprio quel “dettaglio”, spesso trascurato dalle grandi aziende, che può bloccare anche la più complessa macchina economica.

In definitiva, il lavoro svolto dal Tavolo Tecnico nella sua specificità, è un’importante risorsa a disposizione della portualità.

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