La Prima Ancora non si Scorda Mai! (Estratto dal libro “Il punto sull’Ancora”)

Nei lunghi anni passati in mare, battendo le rotte commerciali di buona parte del mondo, ho spesso partecipato alla manovra di ancoraggio dal castello di prua, a volte eseguendo gli ordini che provenivano gracchiando nella radio VHF dal ponte di Comando, a volte controllando le operazioni dal capo di banda, per verificare che l’ancora facesse testa o solo per vederne la via.

Da mozzo e Giovanotto di Coperta ricordo il compito assegnatomi di utilizzare il verricello salpancore per dare fondo, azionando opportunamente il freno a ganasce per rallentare la caduta dell’àncora, lascare i giusti calumi, nei giusti tempi. Sembra ieri che alzavo il pallone di fonda una volta terminata la manovra e ho ancora chiaro in mente il rumore della catena che dalla monachella scendeva nel pozzo mentre veniva salpata, occorreva abbisciarla per evitare che al successivo ancoraggio potessero crearsi dei groppi e io ero spesso là sotto, con un lungo gancio di ferro. Da Ufficiale di manovra ricordo la responsabilità che sentivo mia mentre dirigevo il personale per fare stendere correttamente la catena, le indicazioni al ponte di comando perché potessero manovrare con elica e timone e posizionarsi nella giusta direzione. Non importava se pioveva o tirava vento, noi eravamo là quando necessario.

1°Ufficiale sul ponte e mi torna in mente il controllo della posizione di fonda all’arrivo e durante la permanenza all’ancoraggio, i punti nave, la vedetta, l’ascolto radio, operazioni intervallate da ottimi caffè con la schiumetta.

Ma quale considero il mio primo ancoraggio? 

L’ancoraggio alla ruota è veramente cosa semplice, in quei giorni però le incombenze erano infinite. Ricevute le consegne e giurato di fronte al Comandante del porto di Napoli, ricevevo la busta segreta e eccitato e preoccupato mi reimbarcavo, promosso al Comando.

Ricordo quei giorni confusi con piacere. La nave sulla quale avevo passato mesi interi da 1° Ufficiale sembrava non avere segreti per me, fino a quel giorno.

La prospettiva era radicalmente cambiata e il Red Dragon, una gasiera giapponese di 3485 tonnellate di stazza, all’improvviso mi appariva diversa.

Oggi posso dire in tutta onestà che era una nave di piccole dimensioni, ma allora la vedevo enorme. 

Credo di aver vissuto con Lei il mio primo vero ancoraggio. Non ricordo quando, ma non posso dimenticare come e dove, poiché diedi fondo nella rada a Nord Est dall’imboccatura del porto che in seguito mi accoglierà da Pilota. Ravenna.

Ricordo anche una pesca “miracolosa” di totani in quella occasione, ne abbiamo mangiati per settimane, in tutte le salse, ma questa è un’altra storia.

Al Comando di quella bellissima nave, col suo dragone rosso dipinto sul fumaiolo bianco, mi sono reso conto di quanto realmente contasse la preparazione preventiva e la regìa accurata, che rende ogni lavoro svolto, persino l’ancoraggio, sicuro e facile. Armato dei miei buoni libri, che hanno trovato sempre spazio in valigia, ho così cominciato a costruirmi un poco di esperienza. 

Oltre a una responsabilità mai provata prima, ciò che più mi sbalordì fu il cambiamento di prospettiva. Fino a quel momento ero e mi sentivo parte di un ingranaggio ben oliato e collaudato, i miei compiti erano definiti e specifici e tutto sommato semplici, potevo sì, vedere l’insieme delle cose, ma non ero tenuto a preoccuparmene oltre a una certa misura. Ognuno era responsabile della propria parte di lavoro, eseguiva una operazione di routine e aveva massima fiducia verso il capo delle operazioni, il Comandante in carica. Dal momento in cui tutto lo staff si rivolge a te quale coordinatore delle operazioni, devi necessariamente prendere coscienza che ogni fase della condotta della nave è importante e va pianificata con la massima attenzione.

Penso che un diportista leggendo il seguito avrebbe da dissentire: ⓵ Arrivare sul punto di fonda  sopravvento con un leggero abbrivio, l’àncora appennellata a 1 metro dall’acqua, pronta; ⓶ giunti sul punto  voluto dare fondo al calumo necessario a coprire la distanza nave-fondale; ⓷ lascare gradualmente alcune lunghezze e, proseguendo oltre il punto di fonda, agguantare per fare distendere la catenaria, dare macchina indietro ⓸ facendo, contemporaneamente, perno sull’ancora per spegnere l’abbrivio e disporsi con la prua nel letto del vento (come in Figura) per poi lasciarsi trasportare nella posizione finale; non è la manovra classica che si fa con una barca a vela.

Ovviamente la linea di ancoraggio non ringrazierà, ma i carichi di rottura sono altissimi e la velocità massima di 1 nodo si può spegnere facilmente. Il problema per il Comandante di una imbarcazione da diporto, è il tangibile rischio di rovinare il muso o la fiancata dello splendido yacht con cui la esegue. L’àncora, in una barca a vela, viene solitamente posizionata sul dritto di prora.

Nel Red Dragon, come in altre navi commerciali, le catene delle ancore di posta si trovano sui masconi ai lati della prora, allontanate quanto basta dai rinforzi a occhio di rana delle cubie, quindi nessun contatto con lo scafo può avvenire. E’ una nave tradizionale senza Bow thruster e con effetto elica sinistrorso.

Il mio primo vero ancoraggio non è stato, in fondo, avventuroso o rischioso, ma carico di significato.

Da allora ho gettato le mie ancore in diversi mari e da diverse navi, non più dal castello di prua, ma dal Ponte di Comando e la mia esperienza è notevolmente aumentata.

 

Estratto dal libro: Il punto sull’ancora