The Influence of the Wind on the Sea – The Wave

L’onda marina è rappresentata dalla sua cresta e dal suo cavo.

The Wave Frequency is the number of wave crests passing the same point each second – The Wave Period is the time required for the crest to reach the second position.

Le sue caratteristiche vengono descritte dalla lunghezza L, che è la distanza fra due creste; dall’altezza H tra la cresta e il cavo; dalla ripidità S, che è il rapporto tra l’altezza e la lunghezza; dalla velocità C (Celerità), che è lo spazio percorso dall’onda in un determinato tempo; dal periodo T, che è il tempo che impiega l’onda a percorrere uno spazio pari alla sua lunghezza e, infine, dalla propagazione D, che è la direzione in cui è diretta l’onda.

C’è una relazione diretta tra un vento che soffia con un’intensità e una direzione costanti, per un determinato periodo, su di una certa superficie di mare. Il processo della formazione delle onde tuttavia è lento e ha bisogno di tempo e spazio per svilupparsi. Il tratto di mare interessato viene indicato con il termine “Fetch” e calcolato in miglia.

Il vento inizia a trascinare gli strati superiori per effetto dell’attrito generando onde capillari, lunghe pochi centimetri (Ripples). Se il vento è costante nel tempo l’onda tende a crescere in altezza. Si formano differenti pressioni, minori sulle creste e maggiori sui cavi. L’incremento delle differenti pressioni, dovuto all’azione del vento, aumenta esponenzialmente l’altezza delle onde.

Per alimentare il moto ondoso il vento deve muoversi più veloce delle creste delle onde e trasferire energia, in caso contrario le onde tendono a ridursi in dimensione contrastate solo dalla forza di gravità, mantenedo tuttavia a lungo l’energia immagazzinata. Sugli oceani le onde possono viaggiare per centinaia di chilometri e raggiungere altezze di oltre 30 metri (100ft.).

L’effetto di movimento delle onde è comunque solo superficiale e dovuto al vento, in realtà le onde marine non si spostano ma l’acqua oscilla verticalmente. Infatti se osserviamo un boa galleggiante in balìa delle onde, notiamo che essa sale e scende e solo molto lentamente viene trascinato nella direzione del moto delle onde stesse. Il movimento superficiale nella direzione di propagazione è quello orbitale delle molecole d’acqua, che segue  il movimento verticale dell’onda e si riduce in ampiezza, dalla superficie verso il fondale, dove il mare è calmo.

Il principio di base sul quale viene stabilita l’altezza che può raggiungere l’onda è semplice: Più è forte il vento, a parità di fetch, più è alta l’onda. Tuttavia esiste un limite fisico, oltre una certa ripidità (steepness) l’onda frange (Breaking with whitecaps) In mare aperto questo limite è dato dal rapporto fra altezza e lunghezza dell’onda H > 0.17 L in acque basse, intervenendo l’attrito, il limite è dato invece dal rapporto fra altezza dell’onda e profondità H > 0.8 d. Questo fenomeno è importante e può essere utile per individuare pericolosi bassifondi presenti anche in alto mare. Il frangersi dell’onda alimenta l’energia del vento portando ad allungare il periodo e a ingrossare il mare.

Dal punto di vista pratico, un elemento particolare dell’onda che ai naviganti interessa conoscere è quello che nei bollettini nautici viene definito: altezza delle onde significative H1/3, ovvero la media delle onde più alte. Un elemento che esprime lo stato del mare vivo.

Il mare vivo è caratterizzato da una confusione di fondo per la quale vi sono onde di lunghezza simile, ma con altezze differenti a volte anche in modo significativo.

Molto importante è il periodo delle onde. Il periodo T si mantiene quasi costante anche con mare vivo e ciò perché dipende dalla lunghezza d’onda che è tendenzialmente costante.

Per misurare il periodo è necessario misurare quanto tempo dura un’oscillazione completa. Ovviamente la misurazione dovrebbe avvenire da una posizione fissa, al contrario durante la navigazione quando si procede con il mare di prua il periodo diminuisce e aumenta quando si procede col mare in poppa – e bisogna tenerne conto.

Infine la velocità. Questa viene definita dalla lunghezza dell’onda e dalla profondità del fondale, nonché dalla gravità terrestre. La lunghezza d’onda determina la dimensione delle orbite delle molecole d’acqua in movimento, il fondale ne determina la forma, che diventa più schiacciata con la profondità. La forza di gravità, come l’attrito è una forza contrastante che è sempre presente. In linea generale, più è lunga l’onda più velocemente si muove l’energia attraverso l’acqua. La relazione tra lunghezza, periodo e velocità è:

Dove C (Celerity) è la velocità, L è la lunghezza dell’onda e T è il periodo di tempo in secondi.

Ovviamente la velocità dell’onda è influenzata dal fondale e dalla forza di gravità. Possiamo calcolarci il valore C in mare aperto o sotto costa utilizzando le seguenti formule:

Dove d è la profondità – Il fondale inizia a influire sulla velocità delle onde quando la profondità è inferiore alla metà della lunghezza d’onda.

Dal punto di vista del navigante, è buona regola prendere il mare al mascone, tagliando fin che possibile diagonalmente il fronte d’onda e regolando opportunamente la velocità per evitare eccessivi movimenti alla propria nave. Ciò che va evitato è che il periodo di oscillazione dell’onda entri in risonanza con il periodo di oscillazione della propria nave, fatto che porterebbe ad amplificare l’ampiezza delle oscillazioni della nave – il rollio – anche senza che le onde siano particolarmente alte.

L’osservazione delle onde è importante non solo per la comodità a bordo, ma – in particolare – per la sicurezza della navigazione.

Le Scale Beaufort della forza del vento e Douglas della forza del mare, sono convenzionalmente impiegate per indicare i valori di queste forze e gli effetti che producono nell’ambiente circostante.