Scrittori in riva al mare

 

– Anche quest’anno Camilla non è venuta a casa per Natale, Laura sussurrò il maresciallo Della Rosa – E’ rimasta in Indonesia a studiare i rinoceronti in estinzione, grunt. –

– Non te la prendere, Ciro! –

– Ah! Io non me la prendo! – sospirò lui.

Della Rosa Ciro e la dolce Laura erano a casa loro, in Riviera. Natale era passato e mancava qualche manciata di ore alla fine dell’anno.

– Tu lo sapevi, Ciro, che ogni barca viene assistita dalla fata delle barche? –

– Cosa c’entra questo con Camilla, Laura mia? –

– Così. Lo dicevo per distrarti un pochino, perché vedo che patisci… –

– Io non patisco, Laura – sospirò lui – ci rimango semplicemente male! –

– E dai… –

– Cos’è questa storia delle barche? –

– E’ una leggenda che sto leggendo, un’antica leggenda Vichinga, attribuita a Olaf il Rosso, raccolta in questa antologia! –

Mostrò il libro. Era di  uno di quegli autori nordici  molto bravi che hanno i nomi con le O tagliate da una  / e i circoletti sulle A.

– E’ una bella storia, è quasi commovente. –

La dolce Laura era facile alle commozioni.

– E’ una delicata leggenda dei Vichinghi, grandi costruttori di barche e grandi navigatori dell’oceano. Dice che ogni barca ricorda gli alberi con cui è stata fatta, e che gli alberi della foresta ricordano lei. Così Rhaphalaf, la fata degli alberi, accorre a consolare la barca quando fa naufragio e il mare la inghiotte. L’accompagna sul fondo gelido e rimane con lei per consolarla! Non è una storia commovente? –

– La fata Rhaphapa… cosa ci trase con noi, scusami tanto! Laura mia, la fata Camilla mi ci vorrebbe a me, altro che Raphalà e Raphaquà, insomma, ecco! –

Il cuore partenopeo del maresciallo si squagliava sempre nel periodo di Natale, quando la sua bambina non veniva a casa.

– Scusa., Ciro, era per distrarti un po’. Non lo dico più, promesso… –

– Per carità, scusami tu, Laura. E già che ci sei, per favore, non parlarmi di barche! –

Laura ridacchiò.

– Non ti pare – proseguì il maresciallo – che ne abbiamo avuto abbastanza, di barche rotte? Io ne ho fin sopra ai capelli, Laura mia! –

Il mare pareva una tavola da biliardo, in quegli ultimi giorni dell’anno. Come un drago sornione, in agguato, non pareva neanche parente di quello che era stato in quel giorno spaventoso…

– Ne abbiamo avuto assai di guai! Un battaglione di fate ci vorrebbe, per consolarle tutte! –

Un mare spaventoso, sollevato da un vento che non si era mai visto a memoria d’uomo, aveva sfondato la diga del porto e in un pomeriggio di tregenda aveva seminato la distruzione.

La diga del porto era crollata sotto il peso di un’onda di dieci metri e la tempesta di mare ci s’era infilata dentro come un mostruoso clistere.

– Tutte le barche nel porto hanno rotto gli ormeggi, Laura, e da allora è cominciata questa disgrazia! –

La forza del mare aveva fatto schizzare via le barche come tappi di sughero e le aveva cacciate fuori dal porto a fracassarsi sugli scogli della passeggiata, spiaggiate, squartate, semi-sommerse. Barche che poi erano yacht e mega-yacht, del peso di decine di tonnellate!

– Una catastrofe, Laura mia, per i ricchi proprietari e soprattutto  per quelli che ci lavoravano sopra, che ricchi non sono! –

Così era cominciato anche il calvario delle forze dell’ordine, costrette a sorvegliare i relitti h-24, per scoprire ladri e sciacalli. Certo, l’integrazione dei comandi permetteva di avere un certo ricambio, ma anche nelle migliori famiglie ci sono dei fetentoni.

E in ogni anno ci sono delle nottate no, nelle quali nessuno vorrebbe lavorare.

La notte di Capodanno sopra tutte le altre. Tutti volevano evitare di lavorare la notte di Capodanno, in primis  lavativi e fancazzisti.

Perciò quell’anno Della Rosa temeva fortemente che la temuta notte di Capodanno,che sarebbe toccata al Comando centrale, rimbalzasse invece nelle mutande a uno dei suoi.

Per distrarsi guardò il lungomare, con le barche contorte, accavallate come pesci morti.

Della Rosa era nato a Napoli e come tutti i nati sul mare nutriva sentimenti speciali  per i natanti.

Quelle barche ferite, squarciate e semi-affondate gli mettevano tristezza.

Gli parevano dei cadaveri col costato aperto, che mostravano il cuore alla voracità del mare, il grande predatore.

Lo rattristavano ancor di più i turisti che facevano del catastro-turismo, anzi, del catastro-turismo-proletario, nel senso che partivano da centinaia di chilometri per farsi un selfie davanti alle barche semi sommerse, inneggiando alla giustizia proletaria.

Organizzavano veri e propri pellegrinaggi mordi-e-fuggi per inneggiare alla rovina dei barco-capitalisti.

Sorridevano, i vittoriosi  radical-chic, con radical-orgoglio, davanti alle barche ferite a morte, soprattutto al “Falco di mare”, il ketch del notissimo plutocrate Trash Vermer, produttore di fictions, che giaceva lì, semiaffondata, al centro del Golfo.

La carena del “Falco di mare”, squarciata dalle onde, mostrava all’esterno specchi e arredi, preziosi legni, modanature.

“Ci vorrebbe proprio la fata delle barche, quella Rhaphaciccia” pensò mentre ci passava davanti con l’auto “che l’andasse a consolare il povero Falco di mare in queste notti fredde, quando il mare ci sciaguatta dentro e la dilania  sempre di più!”

Quando pensava al freddo del mare gli venivano in mente i calamari, le bianche creature delle profondità, che salivano di notte in superficie per cacciare i pesci coi loro vischiosi  tentacoli e risucchiarli vivi verso il dente crudele.

Bisogna dire che sotto la dura scorza Della Rosa aveva un cuore di poeta, partenopeo e un po’ piagnucolone.

Le barche a vela gli facevano più pena di quelle a motore, i cosiddetti “ferri da stiro“, perché secondo lui avevano più anima.

E il Falco di mare era stato una magnifica barca a vela.

– Sarà una scemenza, quella della fata – sogghignò passando davanti al macello della passeggiata – ma se la fata Rhaphaciccia ci fosse per davvero, le chiederei di far sparire ‘sta fetenzia di anarco-chic, che gode della disgrazia di quel meraviglioso veliero! –

– Che desolazione! Che triste Natale e Capodanno, senza Camilla e cò ‘sta canaglia in circolazione! Che poi di notte, magari va a  bordo, a prendersi qualche “ricordino!” del grande Trash Vermer! –

Entrò in caserma dove l’aspettava Cajazzo.

– Buon giorno, maresciallo! –

L’appuntato Cajazzo lo guardava con la faccia sconsolata.

Lui capì al volo.

– Non dirmi che è successo, Cajazzo! –

– Ebbene si, maresciallo. Il capitano Trombetti ha telefonato or ora per dare la notizia! –

Il nuovo capitano era un giovane  di quelli che ragionano per schemi e diagrammi e spaccano il capello in quattro, ma ancora una volta non era stato capace di imporsi ai suoi.  

– Mannaggia  Cajazzo! mi vuoi forse dire che ci affibbiano Capodanno? –

Cajazzo abbassò gli occhi:

– Eh, si, purtroppo, maresciallo. Il carabiniere che doveva fare la guardia a Capodanno si è ammalato. D’influenza! –

– Ma che, ma quale? –

– Suina! –

– Suino? –

– No, suina, nel senso dell’influenza, maresciallo! –

Della Rosa s’incazzò per bene.

– Dobbiamo sempre cavargliele noi le castagne dal fuoco, a quelli? Noi siamo in sei, e loro sono uno più di mille! –

– Siamo troppo buoni, maresciallo! –

– Cajazzo, se non la finisci di dire stupidaggini  ti arresto! –

Privilegio del comando delegato, disgrazia italica! Della Rosa doveva scegliere fra i suoi cinque a chi far fare la guardia alle barche, la notte di Capodanno!

Il guaio era che aveva chiesto molto ai suoi, negli ultimi tempi, e non sapeva proprio a chi inviare quell’ignobile ordine di servizio.

Si chiuse nel suo ufficio, sbatté la porta e tirò una raffica di moccoli.

– Bel guadagno! Bella forza! – esclamò rivolto idealmente al capitano Trombetti – A comandare così sono capaci tutti! –

Tirò le somme della vicenda e realizzò che l’unico a poter fare la notte a Capodanno era il giovane Efisio Orrù, la cui fidanzata però era già partita col treno da Muro Lucano (PZ) per trascorrere con il Capodanno col suo Efisio.

– Mannaggia a’ stratosfera. Glielo devo dire proprio io, a Orrù? E come faccio? –

Ammenoché… ammenoché… un pensiero diabolico gli si affacciò alla mente. Lo ricacciò subito indietro come un pensiero-carogna, ma si rese conto che poteva essere una soluzione geniale.

Anzi, LA soluzione geniale.

Due piccioni con una fava, la gratitudine eterna di Orrù e uno schiaffetto a quel capitano un po’ troppo paraculo.

Il tutto nasceva dal fatto che Capodanno per lui era sempre una festa imbarazzante.

Laura lo trascorreva invariabilmente con alcune colleghe dell’ospedale, accompagnate da tre dottori supponenti, Sfaccenda Clericetti e Cacamazzi, dei quali Silvio Cacamazzi, buro-dottore amministrativo, era tanto spocchioso che il suo amico Giulio Baldi l’aveva battezzato il dottor Spok.

Sarebbe stata una noia mortale, e una scarogna sicura, cominciare l’anno proprio col dottor Spok.

– Quindi… quindi… –

“Perché no?” pensò “Potrei mandare Laura a passare il Capodanno con le amiche e i dottori!”

Due piccioni con una fava.

Avrebbe evitato la trappola di Capodanno che cominciava appena le signore si appartavano a parlare di pettegolezzi, cucina e bambini.

Cioè quasi subito.

I dottori Sfaccenda, Clericetti e Spok allora iniziavano ad avvolgerlo in discorsi vischiosi, come i calamari del fondale, cercando di risucchiarlo nell’abisso della noia!

E lui, Della Rosa, si sentiva preciso al “Falco di mare” circondato da bianchi  calamari.

Inoltre come partenopeo era superstizioso, e di conseguenza convinto che cominciare l’anno con quelli lì portasse una sfiga mortale. Infatti si cacciava sempre in tasca un corno rosso e non smetteva di stringerlo per tutta la notte!

Per cui prese il telefono:

– Ciro, cosa succede? –

– Un’indagine improvvisa, Laura mia. Una ribalderia. Scusami con le tue amiche, con Spok, cioè Cacamazzi e gli altri… ma il dovere mi chiama fuori a Capodanno, quest’anno! –

Lei rise apertamente nel telefono, un riso con lo sbuffo che gli rintronò l’orecchio:

– Ma dai, furbacchione. Dì che l’hai studiata per evitare la serata con Cacamazzi! –

Lui arrossì:

– Beh, in un certo senso hai ragione. Non è proprio questione di vita o di  morte, ma qualcosa d’ importante ci trase per davvero! Hai presente Orrù, quel carabiniere coi baffi da sergente Garcìa? –

Raccontò in toni lacrimevoli del viaggio della bella di Orrù da Muro Lucano alla Riviera.

– Ma che belle cosa che fai, Ciro – disse la generosa emiliana – Ti ammiro –

– Per carità…ma no, che dici? – si schermì Della Rosa.

– Sono fiera del mio maresiallone. Dirò a tutti che l’eroico Della Rosa deve sorvegliare la fata Rhaphalaf che consola le barche. Va bene,  Ciro caro? –

– E dai, Laura, non scherzare! Non ti secca, per davvero? –

– Che cosa? Avere un marito che è quasi un eroe? Certo che non mi secca! –

Clic..

***

La sera di Capodanno Ciro s’intabarrò ben bene e si recò sul lungomare con la sua Panda personale, insospettabile per qualunque mariuolo, perché  era color verde diarrea, del tutto privo di marzialità.

– Etcì! –

L’unico problema era quel raffreddore coi fiocchi che stava dilagando verso le vie aeree. Si sentiva i brividi dappertutto, e aveva già  consumato i due fazzoletti puliti che si era portato dietro.

Quasi subito si era reso conto subito di aver avuto un’idea balorda… almeno in rapporto alla esecuzione pratica dell’appostamento.

Da anni non faceva più guardie notturne e si era dimenticato di quanto fossero nere e fredde le notti d’inverno passate in un abitacolo di macchina!

– Che stupido che sono stato a non pensarci! – si disse – Comincerò l’anno con la bronchite! Etcì!… Mannaggia a ‘sto moccolo che mi cola dal naso! –

Il sedile dell’auto era troppo stretto, il naso e le orecchie troppo freddi, ma soprattutto non si ricordava di aver mai avuto le palpebre così pesanti.

– E’ questo moccio, che mi sale dal naso agli occhi – gemette – mi lacrimano tanto che li chiudo, ma se li chiudo finisco per addormentarmi! –

Per star più sveglio inforcò il suo binocolo night vision, ricordo della guerra del Golfo.

La luce verdolina  faceva scoprire cose impensabili come coppie infrattate  dietro le cabine o gatti che cacciavano topi sugli scogli.

C’era perfino una vecchia donna seduta sullo scoglio, una barbona, probabilmente. Lui conosceva tutti gli homeless di riviera, comunitari e non, ma quando lei si girò, non la riconobbe.

Era una nuova.

Prima  di voltarsi di nuovo a guardare il mare gli parve pure che sorridesse, con la bocca sdentata.

– Cos’hai da ridere – mormorò lui – col freddo che fa? –

Lei parve vacillare e quasi cadde, ma restò impigliata con la casacca unta alla griglia di recinzione e annaspò un poco senza riuscire a districarsi dalle maglie della rete .

Della Rosa vide tutto e scese dall’auto.

– Aspetta un attimo, ti aiuto a liberarti! –

In due salti fu presso di lei e la aiutò a togliersi d’impiccio.

Mannaggia, quant’era brutta, e  magra, e  puzzava di vino e di capra!

– Come state? Vi sentite male? –

– No, no… – si schermì lei.

Era tutta gelata, e ossuta. Praticamente  era un sacchetto d’ossa che camminava.

– Siete sicura? –

Lei annuì senza parlare.

Il maresciallo pensò generosamente che sarebbe stato meglio portarla al ricovero dei vecchi, per farla dormire al caldo.

– Vuoi venire al ricovero, per stanotte? –

– No! –

Si liberò dal suo braccio e se n’andò confabulando per la sua strada.

– Vattene via allora, vecchia matta, etcì.  E mannaggia  ai fazzoletti zuppi. –

Quando rientrò nell’auto si ricordò di avere un pacchetto di fazzolettini di carta nel cassettino. Si chinò a prenderli e proprio mentre si soffiava il moccio iniziarono le sarabande dei botti di Capodanno.

Era passata da un pezzo la mezzanotte quando la sarabanda di luci si smorzò, e lui potè di nuovo inforcare il night vision.

Guardò il mare e rimase di stucco.

A tutta prima non riuscì a distinguere bene, poi si accorse che vicino al Falco di mare c’era qualcuno!

Subito sembrava un sacco nero di vele rimasto in coperta, ma dopo un po’ comparve un braccio e poi una testa col cappuccio, pure lui nero.

Si mosse ancora e s’infilò  con una certa fatica nello squarcio della barca!

La procedura prevedeva che lui chiamasse la volante e restasse lì a tracciare il malvivente, ma lui sapeva che prima che arrivassero gli altri il malvivente si sarebbe dileguato nella confusione della festa.

Vide l’ombra nera sparire nella barca dilaniata e aspettò paziente che uscisse di nuovo,  ma proprio mentre la testa del ladro ricompariva, sfortuna volle che un fascio di fari allo iodio saettasse  sulla Panda .

La luce fortissima lo accecò e per lunghi minuti non vide più nulla.

– Maledizione ai tuoi fari! – sbottò rivolto all’automobilista.

Quando potè di nuovo distinguere le cose, vide che il tipo si allontanava dalla barca, dal lato opposto a lui, verso la riva est del golfo. Non faceva alcun rumore, pareva addirittura che volasse sull’acqua.

– Che strano! Che mezzo usa? Va troppo veloce per remare, e non si sente nessun rumore di motore, nel sottofondo dei fuochi! –

Corrugò le sopracciglia.

– Sarà mica la Fata Rhaphaciccia? –

A dire il vero c’era ancora parecchio fracasso per le feste di piazza quindi un rumor di motore poteva essere coperto dallo schiamazzo, ma Della Rosa pur aguzzando l’orecchio non sentì  nulla.

Si rese conto che quel tipo lì non faceva proprio NESSUN RUMORE.

Restò a guardare quella strana figura che pareva volare sul pelo dell’acqua. Vedeva solo la testa, perché il resto era nascosto dietro lo scafo del Falco di mare.

– Va verso levante –  esclamò – Bene, è l’ora che mi muova,  se lo voglio pizzicare! –

A levante c’era solo l’approdo del Castello, ghiaia e scogli, abbastanza in ombra da non dare nell’occhio.

– E se fosse davvero la fata Rhaphaciccia? –

Sogghignò per fugare le ombre della superstizione e avviò la Panda sulle strade della movida che costeggiavano il borgo, fino a piazzarsi sul lato orientale della magnifica semiluna di mare. Le feste di piazza erano dappertutto, birra e vino, musica, canti stonati, schiamazzi.

Sull’approdo del Castello, di quell’ombra che aveva visto volare sull’acqua  non c’era più traccia.

Non aveva previsto che il tipo potesse approfittare della gazzarra per non essere individuato e dileguarsi a terra, confuso tra la folla.

Non c’era più niente, sulla spiaggia dell’approdo, solo la risacca che bagnava i ciottoli e portava bolle di schiuma a terra. Ma sulla sabbietta della risacca, nitida, c’era un’orma che i binocoli del maresciallo individuarono subito!

– Ecco qua dove sei sceso, furfante!  Eccoti qui, calamaro! –

Sulla strada fremevano le attese di un concerto. Un gruppo di giovani con bottiglie e bicchieri in mano attendeva le nuove meraviglie musicali.

Della Rosa rifletté.

Il misterioso ladro non poteva essere andato via in macchina, perché le auto erano tutte bloccate dalla piazza piena di gente.

Doveva per forza aver lasciato lì almeno il canotto o il gommone che l’aveva portato.

Cercando sulla sabbia con gli infrarossi vide infine un segno di trascinamento di qualcosa di liscio e largo.

– Un gommone. E’ certamente un gommone. Non può averlo già portato via! –

Dietro lo scoglio infatti scoprì  un gommone nero con motore elettrico Intex ultimo modello.

– Ecco come faceva per spostarsi senza rumore! Ha approfittato del rumore della festa per coprire anche lo sciaguattare del gommone! Chissà cos’è andato a rubare, sulla barca! –

Dentro il gommone c’era una grossa sacca nera.

Della Rosa quando la vide si prese un grosso spavento.

Era una sacca di plastica di quelle che i militari americani usavano per chiuderci le salme. Le aveva viste bene durante la guerra del Golfo!

– Oh, no! Questa poi non me l’aspettavo… – bisbigliò – Mannaggia, speriamo che non ci sia dentro quello che penso! –

Si guardò bene in giro ed estrasse la Beretta dalla fondina. Controllò il caricatore e tolse la sicura.

Si acquattò alla meglio dietro gli scogli e con mano incerta agguantò la cerniera della sacca, poi la tirò di lato per aprire di colpo la zip.

Appena l’ebbe fatto si ritrasse inorridito perché dalla sacca erano usciti dei capelli biondi, bagnati; un’abbondante capigliatura  bionda!

Non ebbe il coraggio di fare altro e si ritirò dietro la roccia, in attesa.

“Devo chiamare rinforzi” pensò “devo chiamare la Volante”.

Sapeva che quello era il suo dovere, ma qualcosa lo tratteneva. Erano quei capelli biondi che fuoriuscivano dalla sacca.

“Una prostituta, o una drogata. Morta a Capodanno per soddisfare le perversioni di qualcuno. Forse l’ha ammazzata sulla barca, a mezzanotte!”

La cosa  gli fece saltare la mosca al naso.

– Voglio prenderlo, quel dannato assassino. Lo aspetterò qui finché non torna. –

“Non può essere andato via” rifletté “dovrà per forza tornare per far sparire il cadavere!”

La festa proseguiva. La  gente era sempre più eccitata ed ebbra.

D’improvviso il fiume di persone si spostò alla piazzetta più ad occidente, dove i musici attesi avevano  cominciato a scaldare gli strumenti per lo spettacolo clou.

Fu proprio allora che lo sentì tornare giù per la scaletta di cemento. Faceva un sacco di rumore, come uno che non ha un pensiero al mondo.

Fischiettava!

Doveva essere stato sempre lì vicino, probabilmente si era messo in mostra per bene, aveva comprato birra e dolcetti per costruirsi un alibi! Aveva cantato canzoni…

“Sto fetente…” pensò Della Rosa.

L’assassino scese sulla spiaggia e si mise ad urinare contro lo scoglio dietro il quale stava acquattato Della Rosa. Continuava a fischiettare il motivetto della canzone di piazza.

– Ti faccio fischiettare io quando t’acchiappo – sussurrò Della Rosa – fetuso, assassino di donne! –

Il tipo raccattò con calma la muta che aveva lasciato sul gommone e il cappuccio nero che l’aveva reso invisibile. Poi si avvicinò alla sacca e fece per mettersela in spalla.

Allora Della Rosa saltò fuori con la Beretta spianata:

– Fermo, carabinieri! Mani in alto! Sei in arresto! Non fare scherzi, hai una la pistola puntata addosso! –

Lui lo guardò in faccia, stralunato, e nell’istante successivo accaddero due cose:

1) Della Rosa lo riconobbe :

– Ma voi… siete… –

2) L’altro semplicemente venne meno e cadde a terra come un sacco.

Il maresciallo gli sollevò le gambe per farlo rinvenire e lo prese anche a schiaffi. Quando infine si riebbe lo ammanettò alla ringhiera della scaletta di cemento.

– Dove sono, chi è lei? –

Della Rosa lo ignorò e prese in mano il cellulare per fare il numero dell’emergenza.

– No, aspetti, non telefoni. Aspetti . Mi può dire chi è? Posso pagare! –

– Pure tentata corruzione di pubblico ufficiale, sei in grossi guai assassino! –

– Assassino? Ma no, ha capito male. Posso spiegarle tutto! Lei chi è, mi scusi? –

Della Rosa faceva fatica a credere che quello lì fosse davvero il  gran personaggio pubblico, brillante e sciupafemmine  che si vedeva in TV in mezzo a stuoli di belle donne.

Era una mezzasega, e tremava dalla fifa.

– Sono Della Rosa, maresciallo della stazione dei carabinieri, di Riviera, signor Trash Vermer! –

– Mi ha riconosciuto? –

Era compiaciuto di essere stato riconosciuto!

– E’ in arresto per assassinio. Se ne stia buono lì. Ora chiamo la pattuglia, che venga a prenderla. Purtroppo ha il diritto di stare in silenzio, e io, mannaggia, ho il dovere di rispettarla! –

Trash Vermer  provò a ridacchiare:

– Ma no, aspetti, lei non immagina! –

– Ho visto che cosa c’è dentro quel borsone, Vermer! –

– Ah, ha visto Kate. Bene! Le piace? –

“Chist’è pazzo!” pensò il maresciallo.

Si disse che trattandosi di vip, e molto ricco, avrebbe fatto bene ad affidarlo al più presto al capitano. Era meglio evitare che la rabbia che quello gli faceva salire dalla pancia, aggravata dall’indifferenza con cui parlava della vittima, gli facesse commettere qualche abuso.

– Sta zitto, balordo! – disse.

Poi si ricordò che gli dava del lei:

– Non aggravi la sua posizione, Vermer! Mi dia i documenti! –

– Non ho documenti, li ho lasciati  a Milano! –

“Sta fetenzìa!” pensò Della Rosa “Credono di poter fare tutto quel che vogliono grazie ai quattrini!”

Prese di nuovo il telefono.

– Aspetti maresciallo, no, non telefoni! –

Quasi lo implorava, ora.

– Ancora? Cosa devo aspettare? Lei è un assassino preso in fragrante! –

– Aspetti, le dico, prima di chiamare! –

Della Rosa gli sussurrò in napoletano:

–  Statti cittu, strunzo:  aje voglia ‘e mettere rumma, non sarai mai babbà!-

– Come dice? –

– Niente di importante! –

– No, fermo, non telefoni. Non è come pensa, c’è un equivoco! –

– E Kate allora? E’ anche lei un equivoco? –

– Ecco, è proprio così, maresciallo. E’ Kate l’equivoco. Mi avvicini la sacca, prego! –

La sacca era molto leggera.

– Ci hai messo dentro solo la testa, fetente? Il corpo l’hai lasciato sulla barca, ai calamari? –

Trash Vermer incredibilmente rise, mentre con la mano libera dalle manette apriva la zip della sacca.

– Ecco Kate, maresciallo, la mia Kate! –

“Chist’è pazzo, completamente pazzo!”

– Ecco Kate – disse lui – la mia principessa, la mia Musa! Solo con lei… solo con lei io riesco… solo con lei, capisce? –

Fece il gesto dello stantuffo, e quasi piangeva di gioia.

Della Rosa per  poco cadde dallo scoglio.

Kate era una bambola gonfiabile ultimo modello, made in PRC, molto somigliante, con una gran capigliatura di lunghi capelli, probabilmente naturali.

S’infuriò:

– Ti venga un colpo, deficiente!…E…e …etcì! Mannaggia, a te, te ne vengano due, uno per te e uno per lei!…E …e… etcì! –

Dopo l’adrenalina gli era tornato il raffreddore, e si sentiva  di nuovo uno straccio umido da lavandaia, partecipe di un’umanità di calamari.

Quel pazzo sussurrava ancora al pupazzo:

– La mia Kate, come mi sei mancata, cara! –

Le lisciava i capelli con la mano libera, cercava di sbaciucchiarla.

– L’avevo lasciata a bordo, maresciallo. Le barche erano sotto sequestro, non avevo più potuto riprenderla… capirà. In questi mesi mi pareva d’impazzire, senza di lei. Avevo paura che il mare se la portasse via. –

– Non potevi mandare qualcuno a prenderla, co…quaglione? –

– Ma no, la mia Kate? Nessuno sa di lei. Solo io e lei, solo con lei, vede, posso, riesco a… Della Rosa, la prego, non telefoni… –

Il maresciallo era rimasto di stucco. Pensare che i giornali descrivevano Trash Vermer come un solidissimo “ tombeur de femme!”

Restò per un poco col dito sul telefono, poi decise di chiudere la comunicazione.

Controllò il contenuto della sacca. Non c’era altro, neanche una cosa che facesse sospettare un trucco.

Un buco nell’acqua, niente di fatto, niente che potesse uscire dai limiti di un articolo di gossip, e niente che lui potesse raccontare senza far la figura del pirla!

“E ora?”  pensò “Che faccio? Telefono a ‘Scandali al sole’? Ma no. Per quello stronzo? Che si tenga pure la sua Kate e se ne vada all’inferno!”

Si accorse all’improvviso che le lacrime che gli salivano agli occhi non erano tutte causate dal raffreddore. Si sentiva umiliato, Della Rosa, e triste, preciso a quando passava Capodanno a subire il dottor Spok.

– Va bene, gua…quaglione, il resto me lo spiegherai in caserma dopodomani. Ti aspetto in caserma alle dieci. Bonanotte! –

Gli diede l’indirizzo e il telefono e cominciò a salire le scale… ma quando era già a metà Vermer strillò:

– Aspetti! –

Si era già tutto ringalluzzito.

– Era proprio necessario farmi prendere tutto quello spavento? Per poco non morivo! Ne parlerò coi miei avvocati! –

Ciro aveva già il piede sullo scalino superiore, ma dopo queste frasi si bloccò e ridiscese con calma sulla spiaggetta.

– Non ti muovere! – disse, e tornò a mettergli le manette.

Prese il cellulare e chiamò:

– Signor capitano! –

– Dica, Della Rosa! –

Trombetti  gradiva sempre essere informato in tempo reale.

– Capitano, ho beccato un ladro che rubava sul Falco di mare, lo Yacht, sa… è senza documenti! –

– Ah… –

– L’ho preso in fragrante mentre saliva sulla barca, una di quelle sottoposte a sequestro. Ha della refurtiva. Volete occuparvene voi o volete che io… –

– No…me ne occupo io, li mando subito! –

– Bene. Allora aspetto la Volante. Rimango qui finché non è arrivata! Buon anno, capitano Trombetti –

– Anche a lei, Della Rosa! Tanti auguri! –

“Ora troverai chi t’interroga per bene e ti fa passare il Capodanno in Caserma, calamaro del mio…” pensò “e son quasi sicuro che Trombetti lo zelante tratterrà la refurtiva  nei corpi di reato per un bel pezzo!”

Quando arrivò la Volante, Della Rosa tornò a fare la guardia sul lungomare.

C’era poca gente sulla passeggiata, soprattutto ragazzotti ubriachi e pulzelle. E lì accanto era tornata la barbona di prima, accasciata sullo scoglio con delle coperte sbrindellate. Canticchiava e gesticolava rivolta al mare.

“Speriamo che non scenda sugli scogli, e non si rompa qualche osso” pensò “Non vorrei proprio che la notte finisse con un’altra fetenzìa: per stanotte  ne ho avuto abbastanza, di matti!”

– Chista è peggio di quell’altro, mi sa – sussurrò – Mi toccherà davvero arrestarla, perché se finisce in mare ci scappa un cadavere vero, questa volta! –

Era sorto il giorno, e la vecchietta non era caduta.

Finalmente però era arrivato il suo cambio.

La vecchia confabulò ancora un poco e ridacchiò rivolta verso di lui.

– Che hai da ridere, vecchia cornacchia? – sibilò Della Rosa.

Aveva le traveggole? La vecchiaccia gli aveva fatto L’OCCHIOLINO!

No! Questa poi! Doveva pure subire  l’adescamento di una  barbona!

– Chissà che catastrofe sarà, quest’annata, se comincia così! –

Loro due se ne andarono più o meno assieme, una di qua,  lui agli antipodi.

– Vecchiaccia zozza! – disse.

Ingranò la prima.

– Se almeno la fata delle barche fosse stata qui avrei potuto chiederle di far tornare Camilla… almeno per Capodanno! –

Mentre si immetteva nello scarsissimo traffico gli squillò il cellulare:

– Pronto! –

– Papà! –

– Camilla, Camillina! Dove sei? –

– Sono all’aeroporto. Sono venuta per passare assieme almeno Capodanno. Puoi mica venirmi a prendere? Ho molti bagagli! –

  • Se, posso, se posso? – urlò lui –  Certo che posso, mannaggia atomica! –

Mancò poco che uscisse di strada per la felicità.

Dietro di lui la vecchia rivolse un’ultima occhiata al Falco di mare, lo consolò ancora e infine si allontanò.

– A stasera, Falco! – disse.

Era ormai sorto il giorno.

 

Fine

Capodanno 2019, Carlo Giuseppe Lucardi.

 

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